Collevalenza
Il mio nome è Irene Ricci, abito qui a Collevalenza e sono maestra in pensione.
Quando P. Giovanni mi ha chiesto di fare una testimonianza mi sono un po’ preoccupata e mi sono chiesta: che posso dire? Chi mi darà il coraggio di parlare? E’ la prima volta che mi trovo in questa posizione. A scuola è diverso. Ma poi mi sono detta: sei una laica dell’Amore Misericordioso, per santa obbedienza a Dio, e con la guida di Madre Speranza ce la potrai fare. Pensando alla mia esperienza di oggi, e cioè al fatto di abitare a Collevalenza, a un chilometro dal Santuario, appartenere a questa grande Famiglia dell’Amore Misericordioso, come laica, mi sono sentita portata a dare uno sguardo al passato.
Poteva essere all’incirca il 1968-1969, la mia famiglia (mio marito, io e nostra figlia Erika) si trovava in Svizzera, dove ero stato mandata per lavoro ancor prima di sposarmi, così pure mio marito. Un giorno, leggendo un settimanale italiano, venni attratta da un articolo che parlava di un paesino, Collevalenza nel comune di Todi, dove una suora venuta dalla Spagna, in fama di santità, aveva fatto sorgere un grande Santuario che accoglieva tanta gente. Queste cose destarono in me grande emozione sia perché riguardavano la mia terra, l’Umbria, anche se a Todi non ero mai stata, infatti sono di Città di Castello, ma soprattutto perché mi sembravano cose straordinarie. Questo credo sia stato il mio primo incontro con Madre Speranza. Non mi soffermo sui particolari del rientro in Italia. Era il 1970: ci stabilimmo prima a Terni, e nel 1977 ci trasferimmo a Collevalenza. All’inizio i contatti più assidui sono stati con la parrocchia, dove allora era parroco P. Vittorio, e mia figlia andava al catechismo per la preparazione della Cresima; andavo a volte anche in Santuario. Durante questo tempo non ho, però, avuto la possibilità di vedere Madre Speranza, la vedrò soltanto alla sua morte.
Passano gli anni, Erika è grande e sceglie la sua strada, Ancella dell’Amore Misericordioso: Suor Erika di Gesù. Il papà, alquanto sconcertato per la scelta della figlia, dice: “Ecco, questo è accaduto perché siamo venuti ad abitare qui”. Io dico che può essere vero, ma come siamo giunti fino a qui, in questo paese che non conoscevamo e dove non avevamo nessuna radice? Ed ecco che mi sono ricordata dell’articolo di giornale che riferiva di Madre Speranza e del Santuario dell’Amore Misericordioso.
Così nelle relazioni ormai frequenti con la famiglia religiosa ho cominciato a conoscere i Laici dell’Amore Misericordioso ed ho incontrato qui a Collevalenza Gaetano Storace, poi i laici di via Casilina in Roma mi regalarono un bel Crocefisso, e infine Teresa (laica del gruppo di Collevalenza) che mi disse: “Dai, vieni anche tu all’Associazione, ti piacerà”. Avevo qualche impegno in parrocchia, mi pareva di non aver tempo, ma i semi ricevuti germogliarono e detti il passo. Guidate da P. Claudio, Federica ed io emettemmo la promessa il 5 ottobre del 2002. Era il mio compleanno: un bellissimo modo per festeggiarlo. Sono stata accolta con tanto affetto da tutto il gruppo dei laici.
Già da qualche tempo avevo cominciato a fare da guida al Santuario a piccoli gruppi, a volte incontrando, così con semplicità, persone che chiedevano informazioni. Alla fine sono entrata a far parte anche dei volontari impegnati nel servizio di guida dei pellegrini in visita al Santuario del Crocefisso, alla Basilica, alla Cripta con la Tomba di Madre Speranza, alle Piscine, ai luoghi abitati dalla Madre. Le prime volte mi sentivo molto impacciata. Avvertivo e avverto tutt’ora una grande responsabilità per quello che devo dire. Ho cercato di prepararmi sempre meglio, soprattutto per poter comunicare il messaggio che Madre Speranza con tutta la sua vita e le sue opere ha voluto trasmettere e che viene – vorrei dire – cantato, gridato da questo Roccolo dove l’Amore misericordioso, in particolare con l’immagine del Crocifisso, cattura le anime smarrite e le solleva nella rete del Suo Amore.
Così ora mi trovo qui, per un disegno misterioso e misericordioso di Dio, e cerco di prestare questo servizio con amore, sentendo che non sarei capace di niente se non fossi sostenuta dal Suo aiuto e da quello di Madre Speranza. Prima di ogni incontro con i gruppi, prego il Signore affinché mi ispiri le parole più adatte e necessarie a quelle persone, perché riprendano fiducia e speranza, soprattutto quando sono nelle difficoltà e nella sofferenza. I pellegrini ricompensano con la loro riconoscenza, la loro simpatia, l’amicizia e le reciproche preghiere. Momenti di profonda commozione ci sono quando qualcuno si avvicina dicendo: “mia figlia è malata di cancro”, “mia nuora si deve operare per un tumore”, e tanti mali, tante esperienze dolorose.
Resto colpita spesso dalla fede viva di molte persone e dallo stupore che manifestano allorquando apprendono la vita e le opere di Madre Speranza. Devo dire, però, che questo servizio di volontariato riedifica spiritualmente e mi dà forza per diffondere questa buona notizia: “Dio è amore Misericordioso, Dio ci ama”. Pur lasciandoci liberi nelle scelte della nostra vita, nel vivere quotidiano, Egli ci guida e dona ad ognuno di noi i mezzi diversi per farci capire che è Padre Buono. Forse per me l’inizio della bella “avventura” è stato quell’ articolo di giornale, che non ho più, ma che non ho dimenticato e porto sempre nel cuore.