Carissimi amici e amiche, carissima grande famiglia, ciao….
Oggi il mondo corre sui binari dell’efficienza: produrre, produrre, produrre.. Scivola sulle strade a scorrimento veloce del produttivismo: se non produci, se non fai nulla, a cosa servi? Oggi il mondo vola sulle grandi carreggiate delle realizzazioni concrete per cui chi non produce non conta nulla. Difronte a questo meccanismo dell’efficienza che stritola i più deboli, che cosa stiamo a fare noi ammalati? Che senso ha il nostro continuare a vivere? Costretti su lettighe di dolore, gente lacerata da mille sofferenze fisiche prodotte da un tumore selvaggio, il cosiddetto drago che rode dentro. Gente stritolata da un male congenito, che affonda le radici proprio alle origini dell’esistenza, gente schiacciata dalle conseguenze nefaste di un incidente stradale, oppure mutilata sul lavoro, che ti ha stroncato i progetti nei quali si erano riposte mille speranze e tante attese… Che stiamo a fare? A questo punto vorrei far esplodere fortissimo il mio NOOOOOOO! No non è così….Vedete, se noi dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti non sconfitti, il mondo si scompenserebbe. E’ come se venisse a mancare l’ossigeno nell’aria, il sangue nelle vene, il sonno nella notte. La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo. Nella stessa misura in cui la passione di Gesù sorregge il cammino dell’Universo verso il traguardo del Regno. In questo, Gesù è nostro capo. Bellissimo sentircelo al centro, sentircelo nel cuore. Lui confitto su un versante della croce e noi confitti, non sconfitti, sull’altro versante della croce, sul retro. Gesù, comunque è in mezzo a noi, e quando abbiamo bisogna di Lui non è necessario urlare, basta chiamarlo per nome, perché sta dietro di noi. Lui è il nostro capo, è il capo delle nostre attese. Noi dovremmo sentirci fieri di questa chiamata: perché si tratta di una vocazione. E’ Lui che sta seduto accanto a noi quando gridiamo a causa del dolore, oppure ci muoviamo sotto le flebo, oppure non riusciamo a stare fermi né sopra un materasso di lana, né sopra un letto di piume. E’ Lui che si mette accanto a noi e ci dice che ci ama e ci vuole bene. Da una parte c’è Lui, dall’altra parte, c’è Maria, la nostra dolcissima Mamma, Colei che viene incontro e mette la mano sulla nostra fronte, senza chiederci nulla perché già sa, lo legge dai nostri occhi… Credo che sia arrivato il momento di trasformare il nostro lamento in danza, senza vergognarci della nostra malattia. Non è qualcosa da tenere nascosta, è quella parte della nostra Carta d’identità che ci fa rassomigliare di più a Gesù. E’ una tessera di riconoscimento incredibile, straordinaria. Non dobbiamo vergognarci della nostra malattia. Dobbiamo lottare contro la malattia, contro questo drago che mentre dorme si risveglia, mai e poi mai dobbiamo rassegnarci, come non si è mai rassegnato Gesù. E anche per noi, anche noi, dobbiamo tirare fuori questo coraggio. Seneca disse a un gladiatore:” SE SAPPIAMO LOTTARE IN PIEDI DOBBIAMO SAPER LOTTARE ANCHE IN GINOCCHIO” . Coraggio, Coraggio, Coraggio… Non abbiamo paura della solitudine, perché nel mondo ancora esistono anime generose. E poi, per vivere con fede la nostra dolorosa vicenda ricordiamoci che la malattia non è il frutto dei nostri peccati personali. La malattia non è frutto dei nostri peccati, perché il Signore non dà sofferenza e il dolore a secondo dei meriti e dei demeriti di una persona. Tutto ciò che riguarda la sofferenza è un mistero che ci trascende e che va oltre di noi. E poi, con la malattia dobbiamo fare l’esperienza dell’umanità, dell’abbandono, dell’affido…Chi è abituato a una certa fierezza, ha pudore a lasciarsi servire dagli altri, teme di dare fastidio ai parenti, agli amici….Prova sofferenza quando vede che gli altri si trovano in disagio per lui, oppure piangono, sono tristi…. E’ proprio qui che dobbiamo provare a fare l’esperienza dell’abbandono….. l’abbandono nelle braccia del Signore.. E’ difficile lo so, costa molto, tutto costa, anche queste mie parole costano molto e sono costate molto, ma Dio mi ha voluto ridare un’altra occasione e quindi io gli devo la Vita……La vita quel dono meraviglioso….. vi voglio bene…..baci Serena