Il voto di povertà anche se lascia al religioso la proprietà dei suoi beni, gli toglie però l’amministrazione degli stessi. Ossia egli è come un minorenne che ha bisogno di un tutore.
La religiosa può ripetere spesso: “questo pezzo di terreno è mio, codesta casa è mia, mio è pure il capitale e tuttavia non posso compiere nessun atto di proprietà, perché ogni atto di proprietà emesso da un minore è nullo secondo la legge e ogni atto di proprietà emesso contro l’obbedienza è nullo, o meglio è illecito, è colpevole davanti a Dio che un giorno le chiederà conto di ogni suo atto».
La religiosa è padrona dei suoi beni, ma è sotto tutela e non può disporre di quanto le appartiene senza permesso dei superiori.
Ci sono molte religiose che anche se hanno fatto voto di povertà sono ricche senza possedere niente, infatti passano tutta la vita desiderando ricchezze, capricci, benessere, comodità e cibi prelibati. In una parola il loro cuore è pieno di desideri insaziabili.
Queste religiose sono ricche di desideri. La religiosa veramente povera è felice, è contenta nel suo stato di povertà volontaria alla quale l’ha ridotta il voto solo per amore al suo Dio.
A tale religiosa non interessano le ricchezze; non desidera niente, tutto le avanza e la sentirete spesso dire: “sono felice, non mi manca niente, ho il pane assicurato dalla Provvidenza, ho un vestito benedetto dalla chiesa e un tetto che mi ripara; che voglio ancora?”. Alla autentica religiosa non manca niente, si contenta dello stretto necessario. Le cose inutili o superflue sono per lei un peso insopportabile.
Esistono anche anime consacrate che hanno fatto voto di povertà per avere tutto secondo i propri gusti così le più piccole privazioni le spingono a lamentarsi e a criticare; sono bambine vecchie, schiave di piccinerie e frivolezze; il loro cuore è attaccato ad un libro, a quella casa, a quell’impegno a mille capricci.
E se l’obbedienza la destina ad altra comunità o le cambia di ufficio, o toglie dalla sua cella qualche cosa, non si controlla più e giù si lamenta di tutto, tutto le dispiace e la tristezza s’impossessa della sua vita. Povera bambina!
Queste religiose non sanno che per vivere unite a Gesù occorre avere un cuore libero da tanti legami con la terra e Gesù dice loro: “ricordatevi che il corpo che avete in dono si ribella allo spirito e la virtù difficilmente si radica in un cuore viziato».
I laici sono buoni giudici quando devono giudicare le religiose. Essi non saranno virtuosi, ma sanno bene quando lo siamo noi e valutano molto bene il nostro grado di virtù. Sapete dove fissa lo sguardo la gente del mondo quando vuole giudicarci? Esamina se siamo povere, se la carità unisce i nostri cuori.
Qualcuno potrà replicare: “Ma come possono rendersi conto, tali secolari, se nelle nostre case religiose pratichiamo o meno la povertà? Come possono vedere se nella nostra solitudine viviamo l’obbedienza e la carità? Se osserviamo il silenzio e viviamo secondo le costituzioni? Se siamo o no anime oranti? Infatti, secondo lei, i secolari si rendono conto di tutto; ma io non capisco come fanno senza entrare nella casa religiosa”.
Il mondo osserva le nostre case con sguardo severo; misura quanto possediamo e quando avverte tracce di lusso, il desiderio di accumulare e lo spirito del benessere o di regali, si erge come giudice e ci considera come esseri inutili: Persone che hanno tradito la vocazione e così essi già sanno che un religioso simile non può essere osservante della regola, caritatevole, mortificato, né anima di preghiera.
Dal momento che abbiamo chiuso la porta o girato le spalle alla povertà, per loro siamo solo persone con un vestito religioso e forse peggiori dei laici e sanno anche che Gesù ha detto: “se vuoi essere perfetto, spogliati di ogni ricchezza”.
Ricordiamo che un giorno, ai piedi dell’altare, in presenza di Gesù abbiamo abbracciato il voto di povertà mentre gli angeli cantavano: “beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli”.
C’è poi un vero contratto che ci lega a Gesù e Lui a noi; proprio in virtù di tale solenne patto Gesù vuole che il nostro cuore, libero da ogni legame, cerchi solo Lui come l’unico bene.
Lavoriamo, preghiamo, sforziamoci per ripetere nell’ora della nostra morte le stesse parole di san Francesco: “Ti benedico e ti ringrazio, Dio mio, perché non mi hai permesso di mancare al voto di povertà”. (El pan 5, 168-183)
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