5 ottobre1959. La sera precedente è venuto a Collevalenza (verso le 21,30) l’On. Giorgio La Pira, che al mattino si è intrattenuto con la Madre…
Al mattino la Madre ci parla a tutti nel salone grande: scendono anche tutte le Suore. Ci dice che deve comunicarci una cosa tanto grande, ma una cosa da far conoscere anche al Santo Padre…1
Il Signore vuole che si chieda al Santo Padre che dichiari “Anno Giubilare dell’Amore Misericordioso” il 1960. In tante parti si sta parlando dei castighi del 1960; il Signore potrebbe aver permesso che si propagasse e diffondesse tale paura, solo perché trionfasse di più il Suo Amore Misericordioso per gli uomini. L’Onorevole La Pira si è incaricato di presentare al Santo Padre tale pensiero della Madre e tale desiderio del Signore».
Così scriveva nei suoi Appunti P. Mario Gialletti, allora segretario generale dei FAM, il 5 ottobre 1959. Il tono dello scritto, pur molto essenziale e aderente al fatto, fa intuire l’impatto emotivo che tale comunicazione deve aver prodotto nei figli e nelle figlie di Madre Speranza. Prova ne è che lo stesso fatto viene registrato, anche con maggiori dettagli, negli Appunti della segretaria delle EAM, M. Maria Esperanza Pérez del Molino, con identica data. Introduco con questo testo una modesta riflessione personale sulla pandemia in corso che ci ha colpiti, senza nessuna pretesa ermeneutica sulla situazione, visto che siamo sommersi da valutazioni e commenti, che spaziano da letture scientifiche e pseudoscientifiche, ad analisi sociologiche, filosofiche, economiche, politiche, e persino a fuorvianti letture catastrofiste che non appartengono alla genuina fede cristiana. Questa mia riflessione vuol essere solo un tentativo di cogliere il modo in cui Madre Speranza ha vissuto alcuni momenti molto difficili, tra i quali quello riportato nel nostro testo. Dell’episodio metto a fuoco alcune sue parole che penso meritano particolare attenzione:
“In tante parti si sta parlando dei castighi del 1960”
Il riferimento, in contemporanea con le connotazioni geopolitiche che accennerò di seguito, è all’enorme attesa e al grande rumore che si era creato all’interno della Chiesa sul possibile svelamento del Terzo segreto di Fatima da parte del Vaticano nel 1960, e sul compimento degli altri “segreti” nei quali si parla di eventi catastrofici per la Chiesa e per il mondo. Permettetemi, in proposito, un ricordo della mia infanzia. Era l’estate del 1960, e il sottoscritto aveva 8 anni e qualche mese, quando durante le vacanze scolastiche tornò in paese un ragazzo un po’ più grande di me che studiava da alcuni religiosi della vicina città di Astorga (Spagna). Ricordo vivamente il terrore che mi mise addosso, dicendomi che stava per arrivare la fine del mondo, a causa della guerra nucleare, e facendo riferimento ai segreti di Fatima. Per fortuna una mia zia – stavo in quel momento dai nonni – mi rasserenò con molta semplicità e saggezza, parlandomi della bontà del Signore. L’episodio fa capire il clima che si respirava.
Non è raro, anche nell’attuale situazione, sentir parlare di castighi di Dio. In proposito mi vengono in mente le parole di Gesù a quelli che gli riferivano il fatto di cronaca dei Galilei fatti uccidere da Pilato: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? … O quegli altri su cui era caduta la torre di Siloe…” (Lc 13, 1ss)2. La risposta di Gesù è chiara, ed è un appello alla conversione rivolto a tutti.
Quando la Bibbia parla di castighi di Dio e dello scatenarsi della sua ira, credo che non faccia altro che tentare un estremo richiamo alla conversione, perché “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1Tim 2,4), e siccome ci ha creati liberi e rispetta questa libertà, non sopporta di vederci in preda al male. Il profeta Osea, in quello che è forse il poema più bello all’amore di Dio nell’Antico Testamento, mette in evidenza una sorta di ambivalenza misteriosa che si agita nel cuore stesso di Dio, il quale da una parte minaccia castighi tremendi e dall’altra non può rinunciare alla sua natura di amore misericordioso.Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me…La spada farà strage nelle loro città, spaccherà la spranga di difesa, l’annienterà al di là dei loro progetti. Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo.Come potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Seboìm?Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione.Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira.
(Os 11, 1-9)
S. Agostino arriva a dire che Dio non permetterebbe il male se non fosse in grado di tirarci fuori del bene, e Madre Speranza ha fatto sua questa espressione. E se qualche volta la nostalgia dell’ira di Dio ci prende la mano – succede anche ai santi – conosciamo la risposta di Gesù ai due figli del tuono, quando i samaritani rifiutarono di accoglierli:“Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.” (Lc 9, 54-56).
A parte il fatto che quelli che chiamiamo castighi di Dio, spesso sono frutto di eventi naturali in cui non c’è alcuna responsabilità (“Né lui ha peccato né i suoi genitori” Gv 9, 1ss), altre volte, invece, sono frutto di scelte nostre sbagliate, ben lontane dal volere di Dio. Quando il Signore ha voluto farci capire il grave rischio che corrono i nostri peccati, ci ha detto:
“Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male … io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità” (Dt 30, 15-16.19-20).
Il Signore ci sta dicendo: tocca a te scegliere, da che parte stai? Ma se, nella tua libertà, scegli il male e “vai a finire male”, non dire che ti ho castigato io.
Ma in che modo può Dio tirar fuori il bene dal male? Lungi da me pretendere di dare una qualche risposta a questa enorme domanda. Voglio solo lasciare che ci introduca in un altro elemento importante dell’episodio della vita di Madre Speranza da cui siamo partiti.
“… il Signore potrebbe aver permesso che si propagasse e diffondesse tale paura…”.
Queste parole, oltre che al gran parlare dei “castighi” paventati per il 1960, fanno senz’altro riferimento alla grande crisi internazionale che si era venuta a creare, durante la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, intorno agli anni ‘60, per il dispiegamento di missili balistici con testata nucleare. All’iniziativa americana che aveva installato queste armi in Italia e in Turchia, puntando alla Russia, questa rispose con l’iniziativa di collocare armi analoghe a Cuba, puntando agli Stati Uniti. Sappiamo che l’umanità intera fu sull’orlo di una catastrofe nucleare, che non ebbe seguito per la marcia indietro dei responsabili di quelle nazioni, sicuramente per la misericordia del Signore, che si servì anche della mediazione illuminata di Papa Giovanni XXIII. Papa Giovanni, tra altri interventi, inviò un messaggio all’ambasciata sovietica a Roma, per essere trasmessa al Cremlino, in cui espresse la sua preoccupazione per la pace. In questo messaggio dichiarò: “Noi chiediamo a tutti i governi di non rimanere sordi a questo grido di umanità e di fare tutto quello che è nel loro potere per salvare la pace”.
Il “Papa buono”svolse sicuramente un ruolo importante in quella crisi, ed è per questo che Madre Speranza si rivolse proprio a lui, nel momento in cui stava crescendo in tutto il mondo la paura di una guerra nucleare. Tale paura si era realmente “propagata” e “diffusa” – sono i due verbi usati da Madre Speranza – proprio come un virus letale.
“… solo perché trionfasse di più il Suo Amore Misericordioso per gli uomini”
Intanto sottolineo di nuovo che il Signore permette il male, ma non lo fa e non lo può fare. Il male è l’unica cosa che l’Onnipotente non può fare, perché incompatibile con la sua natura3.
Ma Dio, misericordia infinita, entra con una sapienza solo sua nel mistero del male, per vincerlo e volgerlo al bene. “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3, 16s).
E per operare questa salvezza il Padre ha permesso che il suo Figlio, l’amato, come agnello innocente entrasse fino in fondo al mistero del male, prendendo su di sé il peccato del mondo e sconfiggendo così la sua potenza distruttrice. Questo è l’Amore misericordioso, l’unica forza capace di vincere il male, perché il male può essere vinto solo dal bene, non da un altro male (cf Rom 12, 21). Il messaggio che il Signore ha voluto dare alla Chiesa e al mondo, anche attraverso Madre Speranza, è fondamentalmente questo. Cito, in proposito un suo testo emblematico:“Se qualcuno ha avuto la disgrazia di offendere Gesù, non esiti un istante, corra da Lui per chiedergli perdono perché egli l’accolga come Padre buono poiché Egli l’attende con grande trepidazione e tenerezza. Allora vedrete come l’Amore Misericordioso vi stringerà a sé con l’infinita dolcezza del suo cuore e vi meraviglierete di constatare che Egli stesso vi ha attirato a sé proprio quando lo credevate adirato e pronto, con la spada in mano, a vendicarsi delle offese ricevute” (El pan 2, 40)4.
«Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». “… solo perché trionfasse di più il Suo Amore misericordioso”. Alla fine il più grande miracolo che fa il Signore, e penso anche il più frequente, è quello di raddrizzare le nostre vie storte, e lì dove più è grande la nostra miseria, manifestare in modo ancora più grande la sua misericordia. Ed è stato solo questo il motivo della particolare richiesta che Madre Speranza sentiva di dover fare in quel momento a S. Giovanni XXIII.Il Signore vuole che si chieda al Santo Padre che dichiari “Anno Giubilare dell’Amore Misericordioso” il 1960.
Incredibile! Il mondo è sull’orlo di una catastrofe nucleare, la paura dei castighi si propaga e si diffonde come un virus, e Madre Speranza, anziché farsi prendere dal panico – conosciamo bene questa parola vero? – si sente dire dal Signore che chieda al Papa la dichiarazione di un anno Giubilare dell’Amore Misericordioso, proprio per il 1960. Giovanni XXIII all’epoca non convocò il giubileo, ma convocò il Concilio Vaticano II, vera pietra miliare nel rinnovamento della Chiesa per questo nostro tempo, i cui orientamenti necessitano ancora di tempo per essere assimilati. E, quando il “Papa buono” era già gravemente segnato dai sintomi della malattia – un cancro allo stomaco – che, in meno di due mesi, l’avrebbe portato alla morte, scrisse la sua ultima enciclica, Pacem in terris, pubblicata l’11 aprile del 1963, vero testamento e grido di speranza e misericordia per i travagli dell’umanità.
Nei piani provvidenti di Dio, in questo nostro tempo, Papa Francesco ha convocato e inaugurato l’8 dicembre del 2015 il Grande Giubileo della misericordia per tutta la Chiesa, auspicato da Madre Speranza come risposta della misericordia del Signore alla grande miseria dell’umanità. Ed in questo momento di travaglio e di notevole confusione, il Santo Padre continua a illuminare, confortare e confermare i fratelli nella fede, secondo la missione che lo Spirito Santo gli ha affidato: essere “Pietro”, la roccia solida sulla quale il Signore continua a poggiare la sua Chiesa. E nessun tipo di “inferi”, né ad extra né ad intra, potrà prevalere. Ce l’ha detto Gesù.
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.